SCHIRI (OT) - CHIESA E ALTARE RUPESTRE DI S. STEFANO ANTICHI SEGNI INSPIEGABILI

SCHIRI (OT) - CHIESA E ALTARE RUPESTRE DI S. STEFANO  ANTICHI SEGNI INSPIEGABILI


Strani disegni geometrici 
In Sardegna, all’interno di un boschetto a nord dell’abitato di Oschiri, davanti alla chiesa di Santo Stefano, si erge una grossa pietra granitica della lunghezza di circa 10 metri con delle geometriche incisioni distribuite in una precisa sequenza.

 

 

L’impatto è impressionante essendo un unicum nel suo genere e chi ha potuto osservarla si è inevitabilmente posto mille interrogativi.

Incisioni rupestri
Nella preistoria, laddove la geologia del territorio lo permetteva, si utilizzavano lunghe lastre naturali di pietra per incidere simboli e disegni, noti ai giorni nostri come "incisioni rupestri", indispensabili per lo studio accurato sulla società del tempo. I migliori esempi italiani, preservati dall’Unesco per la loro unicità, sono in Val Canonica, a nord est della Lombardia.

 

 

Ma qui abbiamo qualcosa di differente, un "disegno" mai visto e per questo difficile da interpretare perché privo di ulteriori confronti. Sul masso sono scolpite nicchie di profondità variabile, distribuite ordinatamente, dalla forma di quadrati, cerchi, croci e triangoli.

 

Si potrebbe quasi esagerare nel definirla una "preistorica playstation". Nelle immediate vicinanze vi sono altre pietre scolpite a loro volta con gli stessi "disegni". Oltre sono presenti diverse domus de janas e tombe a tafoni. Quest’area ha ospitato presenze umane dal neolitico al nuragico, fino all’epoca cristiana.

 

L'altare rupestre 
Analizzando la pietra da sinistra a destra abbiamo 14 nicchie nella fascia inferiore, di cui 8 triangolari e 6 quadrate di cui una è sormontata da un triangolo e 7 nicchie in quella superiore, di cui 5 di forma triangolare, 1 circolare e 1 quadrata sormontata da un triangolo. Alcune ospitano, al proprio interno, l’incisione di una croce greca, mentre altre sono circondate da una serie di piccole coppelle rotonde. Solo un quadrato è quasi privo di profondità, con una cornice perimetrale ed è sormontato da un triangolo con una croce greca.

Di seguito le fotografie dettagliate dell'altare da sinistra a destra

 

Subito a destra, in un altro masso, vi è una nicchia circolare molto grossa contornata da 12 coppelle. Più elevate vi sono 2 altre pietre di ridotte dimensioni contenenti l’una 3 nicchie quadrate e l’altra 2 triangolari. Infine di fronte alla chiesa vi è una nicchia rettangolare che ricorda una possibile tomba o quantomeno un avello. 
E’ stato definito un "altare rupestre", nome generico che potrebbe riferirsi ad altare cristiano o pagano e si trova dalla parte del lato ovest dell’edificio di Santo Stefano, da cui il nome, con l’iscrizione rivolta a est.

 

 

La chiesa bizanitna e l'ipotesi dell'altare cristiano 
La sua datazione è purtroppo ignota, motivo di scontro tra archeologi e studiosi che inseriscono l’altare in diverse epoche. Molti ipotizzano che esso sia stato realizzato in epoca bizantina tra il VI e il IX secolo per via delle croci greche presenti all’interno delle nicchie che si suppone che esse avessero l’unico scopo di ospitare icone e oggetti votivi cristiani. Le stesse coppelle sono state definite "simili alle aureole dei santi". Non si esclude il fatto che i monaci abbiano abitato i tafoni come grotte per la vita solitaria, come 

già è successo per Luogosanto famosa per l’insediamento degli eremiti Trano e Nicola, o nella stessa Sant’Andrea Priu a Bonorva, una chiesa paleocristiana ricavata da una grossa domus de janas, dove è presente un’identica nicchia circolare circondata da 8 coppelle rotonde. In questo caso le coppelle sono 12, a cui è stata attribuita una forzata metafora dei 12 apostoli, anche se le coppelle venivano da sempre utilizzate per deporre le offerte.

Questa stessa disposizione di coppelle di cui una decina più piccola si trova attorno ad una centrale più grossa, è presente anche in altri due siti archeologici precristiani, questa volta siti in Liguria, Canaa Granda e Ara del Persico. Dopotutto il fenomeno del Cristianesimo bizantino è tipico dell’Italia meridionale, area in cui ha avuto maggior influenza la città di Bisanzio avvalorando l’ipotesi dell’altare cristiano considerato un’importante zona di preghiera prima che il monaco si recasse in preghiera nelle proprie grotte-celle. 

 

 

Le domus de janas e l'ipotesi dell'altare pagano 
Ma bisogna anche tener conto del fatto che è molto diffuso il riutilizzo da parte della religione cristiana di antichi luoghi di culto pagano, soprattutto per quanto riguarda quelli di intenso valore simbolico, nei pressi o sui quali veniva costruita la chiesa per distruggerne, sostituirne o più velatamente assorbirne i poteri sacri. Non è un caso che davanti all’altare rupestre predomini quasi ad ammonimento la chiesa di Santo Stefano, ristrutturazione svolta nel XVI di una precedente chiesa bizantina, sulla cui facciata sono state inserite due teste in trachite della dea fenicia Astarte e una scritta nuragica di traduzione ignota.

 

Inoltre è insolito che una roccia di tal fattura sia stata utilizzata come altare bizantino, dato che non abbiamo altri esempi simili della storia dell’iconografia cristiana e se lo analizziamo dal punto di vista pagano troviamo simbologie altrettanto importanti. Innanzitutto i quadrati potrebbero essere interpretati come "false porte", molto diffuse in Sardegna, nelle Tombe dei Giganti e nelle domus de janas.

 

 

 

La falsa porta, di derivazione egizia, è il punto di contatto tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Dinnanzi a questa finta apertura venivano poste le offerte di cui ne usufruiva la persona cara che qui si sarebbe "affacciata" sulla Terra. Il cerchio è il simbolo pagano di continuità, divinità, infinito. E infine i triangoli sono identificabili con le piramidi e gli antichi templi a gradoni. La croce potrebbe essere stata scolpita in epoca successiva per annullare, come una grossa X, la presenza degli antichi dei.

 

 

Inoltre nei dintorni vi sono diverse costruzioni e complessi nuragici, presenza umana che accerta che questa era l’area funeraria sacra "ufficiale" di questi popoli antichi. Qui oltre alle domus de janas sono presenti un dolmen e un menhir. E non dimentichiamoci che proprio questa è la zona in cui si è insediata la più antica cultura dell’isola, diffusa tra il 3500 e il 2700 a.C. ad Ozieri, città poco distante da Oschiri.

 

 

L'enigma dei segni
Ma il punto focale di tutto il complesso è la disposizione e il significato dei segni che potrebbero quasi essere interpretati come una grossa iscrizione enigmatica. Dato che è posizionata davanti a domus de janas, si presume fosse un altare d’entrata al luogo di culto per l’oltretomba e i segni potrebbero descrivere il percorso iniziatico per il passaggio dalla vita alla morte.


Un mistero irrisolto, un luogo dalla pace assoluta, dove si respira l’insoluto l’unica certezza rimane quella in cui trovandosi di fronte a questo masso incredibile, l’unico simbolo che vi riusciamo a leggere è un eterno quanto affascinante immenso punto di domanda.


 

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