Le Rocce scolpite di Rotheneuf

 Le Rocce scolpite di Rotheneuf

E’ un soleggiato mattino di agosto, quando decidiamo di visitare la scogliera scolpita di Rotheneuf. Da Saint-Malo, dove abbiamo trascorso alcuni giorni delle nostre vacanze francesi, è impossibile non fare una capatina proprio in uno dei luoghi più insoliti della costa bretone settentrionale. Due passi nel mistero di Rotheneuf sono imperdibili! Decidiamo quindi di portarci nel villaggio ancor prima che apra il cancelletto che immette alla falesia; il paesaggio è troppo bello per essere vero! La scogliera Haie ("delle siepi") si trova a 30 m a picco sull’Oceano Atlantico, di fronte all’isola Benetin e occupa una posizione di estrema bellezza: la costa (che si chiama “Smeralda”) è punteggiata di isole e insenature che in alcuni tratti si estendono in lunghe spiagge sabbiose, intervallate a rocce granitiche spazzate incessantemente dal fenomeno delle maree, che  raggiungono  picchi di 10-13 metri. La si può raggiungere esclusivamente a piedi (parcheggio auto poco distante dall’ingresso del “museo a cielo aperto”, il cui biglietto costa 2,5 euro). Nel comune si trova anche la dimora cinquecentesca del navigatore maluino Jacques Cartier, scopritore del Canada.

 

                

                                                  

 

A circa 5 chilometri dalla splendida città murata di Saint-Malo, seguendo la costa orientale, si arriva al pittoresco villaggio di Rotheneuf, che è famoso nel mondo per la presenza di una serie di singolari sculture realizzate direttamente sulla falesia a strapiombo sull’oceano. Sono note come le “rocce scolpite” e siamo qui pronti a documentarle.

Durante la ricerca, sono emersi non pochi misteri, a partire dal suo autore, che  fu un abate di nome Julien Fouré Adolphe (Fouéré all'ufficio del Registro, ma la firma è Fouré), che nacque a Saint Thual  il 4 settembre 1839 e morì a Saint-Malo il 10 febbraio 1910. Negli ultimi quindici anni della sua esistenza si ritirò in una sorta di eremitaggio proprio nei pressi della scogliera. Tra il  1894 e il 1910 si mise a scolpire una innumerevole serie di figure di genere assai vario: esseri umani, fantastici, soggetti profani e religiosi, in un ordine che oggi pare sfuggire al visitatore. Ma bisogna sfatare una leggenda, un falso dato: per tempo si è fatto credere che i personaggi rappresentassero una famiglia di pirati chiamati Rotheneuf, ma questo non è vero e sono i nuovi studi a dirlo, portati avanti dall’Associazione Amis de l'Oeuvre de l'Abbé Fouré.

 

                                

                  

                                   Scorcio della scogliera scolpita dall'abate Fouré

 

 

Soprattutto, rappresentano ancora un mistero, un patrimonio insolito di questo territorio posto ai confini della Francia, affacciato sulla Manica. La citata Associazione si sta battendo anche per altri motivi: non vuole che la falesia sia “a pagamento”; per di più, sta anche lottando contro il mancato rispetto della legge costiera.  Vicino alla scogliera scolpita la strada non è più accessibile (devi pagare per accedere).  I membri hanno studiato un percorso alternativo che, tenendo debitamente conto dell’arrivo dell’alta marea e al prezzo di qualche arrampicata, permette di accedere dalla riva alle sculture dell'abate, senza pagare il biglietto (noi ci limitiamo a dare l’informazione, ma è chiaro che- arrivando da turisti o semplici visitatori- ci si deve rimettere alle disposizioni che si trovano in loco).

 

  • L’abate Fouré

 

L’abate Fouré era un sacerdote nativo di Mayenne, frequentò il piccolo seminario di Saint-Meen e poi a Rennes, prendendo i voti nel dicembre del 1863. Nella sua vita sacerdotale, ricoprì diverse cariche: vicario di Paimpont poi di Guipry, rettore di Maxent nel 1881 e nel 1889 a Lawrenson.  Doveva essere un personaggio fuori dal comune, attratto dalle saghe bretoni, cariche di mistero e magia, dai culti pagani mescolati a quelli cristiani, sempre vivi in quella sua terra natia. A quanto viene solitamente  tramandato, fu colpito da un ictus che esitò in una forma di sordità (1894), che lo costrinse a ritirarsi dalla Chiesa. Forse da quella patologia invalidante trasse il desiderio di dare voce alle pietre, sprigionando il mondo che aveva dentro di sé. Molte fonti dicono, in modo alquanto generico, che l’abate fosse divenuto sordo-muto in seguito all’attacco ischemico cerebrale ma la studiosa Joëlle Jouneau, dell’Associazione “Amis....” ha scartabellato i documenti d’archivio relativi al personaggio, numerose interviste rilasciate da Fouré (anche nella stampa internazionale) e ha scoperto che le cose non stanno esattamente così. Fourè avrebbe lasciato la tonaca nel 1895 non per una malattia invalidante bensì perché fu rimosso dal suo incarico. Cos’aveva combinato?  Nella sua ultima parrocchia, Langoët, erano sorte delle grosse polemiche con potenti famiglie per una questione di donazioni alla scuola del villaggio; non ne conosciamo i termini esatti ma questo scontro sarebbe costato all’abate il posto. Tuttavia egli non si tolse mai la tonaca, come dimostrano le numerose immagini d'epoca.

In vena di pettegolezzi, che adesso sono però cronaca storica, si può anche sfatare un’altra questione, secondo la quale egli si sarebbe recato in trasferta in Inghilterra per perorare le causa degli operai da forgia (dei quali era stato anche curato) presso i loro datori di lavoro, intenzionati a chiudere la fabbrica. Ciò appare importante ai fini di definire questo misterioso personaggio, che proprio in base a questo viaggio sarebbe stato dipinto come “prete sociale”. Quando arrivò a Rotheneuf, la gente pare lo abbia accolto svogliatamente e con una certa diffidenza. Era anche preso di mira, a quanto si apprende. Egli aveva installato un tronco dove i clienti potevano mettere dei soldi per destinare ai poveri ma, in un’intervista rilasciata nel 1905 a Louis la Noë, ebbe a lamentarsi che i bambini, incoraggiati dai loro genitori, tutte le notti distruggevano a colpi di martello il lavoro fatto di giorno. Ora, se così fu, dovevano essere bambini un po’ cresciuti… perrché di notte e con un martello, forse piccoli non dovevano essere. L’abate li riteneva della “razza dei pirati” (che vivevano, ieri come oggi, in zona)!

 

                 

 

Abbiamo parlato di clienti. Ma di cosa? Forse di una sorta di “Auto-Museo”, un atelier personale che era accessibile al pubblico, dove l’abate allestiva (nella sua casa e nel giardino) le opere di intaglio nel legno, mentre la scogliera si arricchiva di forme scolpite quasi ossessivamente, dicono le testimonianze. “strani totem”, li definivano alcuni. Durante la Seconda Guerra Mondiale un incendio distrusse le sculture lignee ma, misteriosamente, alcuni mobili dell'abate che egli stesso aveva scolpito, riapparvero nel 1983 in un'asta a Saint-Malo!

 

             

La "Casa dell'Eremita" dell'abate Fouré a Rotheneuf, prima dell'incendio. Notare le sculture che egli aveva messo sulle false merlature

 

Come l’abbé divenne un abile scultore, non si sa, comunque diede vita a quella che in Francia è denominata “Art brut” che è entrata nel patrimonio artistico bretone, e che ha costituito un punto di riferimento dell’Outsider Art in Francia.  E’ possibile che Fouré già prima avesse predisposizione alla scultura? E’ stata trovata una testa scolpita in una delle parrocchie dove aveva officiato ma non è certo che fosse sua.  A rispondere è lo stesso abate: rilasciò un’intervista, un anno prima della morte, dove raccontò che non aveva mai pensato –prima di arrivare a Rotheneuf – a questo lavoro e che la vena gli venne in questo posto “per distrarsi e divertirsi”. In effettiall’epoca in cui giunse sulla splendida scogliera, era ancora giovane, avendo soltanto 55-56 anni; aiutava in parrocchia la domenica mattina ma questo lo occupava  troppo poco ed egli aveva necessità di agire. Come dargli torto?

 

                         

   L'abbé Fouré ritratto in azione, mentre creava dalla roccia le sue amate creature (foto d'epoca)

 

Le parole dell’abate sembrerebbero denotare una eccessiva modestia, come se avesse realizzato quella straordinaria opera per “distrarsi” ma i critici d’arte la ritengono oggi molto più complessa, come se Fouré avesse avuto nel sangue l’impulso di creare e scolpire. Cosa che traspare anche dall’analisi di alcune sue frasi: era come se egli vedesse già nella roccia granitica la forma da dargli, nella propria mente, ciò che accadde a molti altri artisti (di professione) nel corso dei secoli. E’ una qualità fondamentale; per metterla in atto ci vuole umiltà, vuoto interiore che lasci fluire l’immaginazione che nell’artista è creazione. Fouré non lavorava su commissione di altri ma di se stesso e pertanto la sua opera è da considerare genuina, frutto e mescolanza di visioni, fede, al limite dell’eresia.

L’abate non viaggiò mai oltre il dipartimento dell’Ile-et-Vilaine, qui nacque, praticò la sua missione di prete e morì. Quindi non si ritiene possibile che egli abbia attinto a qualche modello esterno. Prese una casa in affitto che in seguito diventò il suo eremo; gli piaceva farsi chiamare l’ "Eremita di Rotheneuf", ma non disdegnava di farsi fotografare su cartoline postali che autenticava personalmente con l'apposizione di un timbro o la firma di suo pugno.  Lo vediamo così in atto di scolpire le rocce o mentre legge il giornale. Molte persone, divenuto famoso come artista singolare, si recavano in visita alla falesia per ammirare la sua sorprendente opera. Aveva ottenuto il permesso dai proprietari della falesia stessa di inciderne le rocce granitiche; pare che questi proprietari si chiamassero Druais (che ricorda molto "druidi") e ancora oggi il sito è proprietà privata, dato in gestione ad una società.

Il prete outsider avrebbe voluto essere sepolto sulla “Punta del Cristo”, in faccia all’oceano come era stato per la tomba di Chateaubriand, sul Grand Bé a Saint-Malo. Invece ha dovuto accontentarsi di una modesta sepoltura nel cimitero municipale; il Comune di Rotheneuf offrì un vitalizio in perpetuo per i servizi resi, che dimostra, comunque, quanto fosse notevole la reputazione dell’abate. Ma ecco spuntare un altro enigma: per un motivo che si ignora, la data di nascita sulla tomba è sbagliata, avendolo “ringiovanito” di un anno!

 

                             

 

  • Le Rocce Scolpite

 

Il numero esatto delle rocce scolpite oscilla tra le 200 e le 300; questa imprecisione è causata dal fatto che, in cento anni, l’azione delle maree, dei visitatori, del vento, delle tempeste, dell’aria salmastra, ecc. hanno provocato gravi danni e se si confrontano vecchie immagini con la situazione attuale, ci si accorge dei cambiamenti intercorsi. Inoltre, al tempo dell’abate, le sculture pare fossero anche dipinte, ma nessuna traccia cromatica appare visibile oggi, per quanto abbiamo potuto vedere. L’Associazione degli Amici delle Rocce sta lavorando ai fini di ottenere una concreta tutela del sito e preservarlo dalla disgregazione completa. Nei pressi del sito si trova la Chapelle Notre-Dame-des-Flots (Nostra Signora delle Onde), un’ antica garitta di pietra usata per sorvegliare gli Inglesi (1757 circa) e poi trasformata in chiesa dai marinai. Nel 1887 vi fu posta una statua della madonna sulla punta dell’abside e da allora, una volta l'anno, c'è una processione.

Una vecchia cartolina del 1906 ritrae l’abate mentre legge il suo quotidiano preferito (“La Salut”), accanto ad una sua creatura, come certamente egli le considerava tutte: uno spadaccino sdraiato, che ha un ermellino sulla testa (simbolo della Bretagna), e in latino la scritta "Olim fuit" (""Una volta era"). E’ questa probabilmente la raffigurazione del duca Giovanni IV di Bretagna. Stando alle testimonianze, l’abbé Fouré iniziò a scolpire in un angolo chiamato “Punta di Cristo” (un tempo “Croce dell’Eremita”); qui egli avrebbe iniziato a modellare il granito. E’ qui che tra i personaggi rappresentati vi è il duca di Bretagna Giovanni IV. Più in alto, le ali di un angelo (?) difficili da distinguere. L’identificazione del duca, che alcuni contestano, sarebbe provata dalla presenza di quasi impercettibili caratteri alfabetici. Ma perché l’abate avrebbe scolpito il nobil uomo? Fouré sarebbe stato animato da uno spirito patriottico, infatuato dalla storia bretone. Giovanni IV era stato espulso dal re Carlo V di Francia nel 1378 (il re mirava ad impadronirsi della Bretagna). Giovanni IV fu costretto all'esilio in Inghilterra. Richiamato dai nobili bretoni e sbarcato a Dinard  (molto vicina a St Malo), fece guerra a Carlo V e riconquistò la Bretagna. Questo fatto aveva impressionato l’abate, evidentemente. Ideale di fierezza, di valore, di coraggio.

Da quando furono scolpite, queste rocce hanno sempre richiamato persone: già nel 1923, il proprietario della falesia (la fam. Brebion) creò anche una linea di autobus per portare i visitatori sul sito!

 

                  

                                     Le rocce scolpite sono una scoperta continua...

 

Si legge molto spesso che i personaggi ritratti siano appartenuti alla famiglia corsara dei Rotheneuf, che qui si suppone sia esistita nel XVI secolo. Avrebbero risieduto vicino alla punta della Costa Smeralda, vivendo di pesca, caccia, saccheggi e contrabbandi che avrebbero fruttato, nel corso del tempo, ingenti ricchezze. Si muovevano su navi veloci chiamate “frecce galleggianti", che ha permesso loro di catturare molte navi al largo.  I Rothéneuf avrebbero continuato la loro attività fino al XVIII secolo, finendo male, al tempo della Rivoluzione, massacrati da altre famiglie concorrenti. Secondo questa teoria, una delle sculture rappresenterebbe proprio questa fine: un mostro marino, attirato dai cadaveri accumulati sulla spiaggia, divora l'ultimo rappresentante della famiglia arroccato sul tesoro patriarcale.

 

Della colorazione che vediamo nella foto d'epoca (a destra) non resta più alcuna traccia (foto nostra, a sinistra). Inoltre, l'iscrizione che in origine era presente sulla pietra accanto alla gamba destra del personaggio, non si vede più. Anche i volti scolpiti sulla sinistra somo oggi visibilmente modificati da quelli che si possono osservare nella cartolina dell'epoca. Il "mostro" che si insinua al di sotto dell'uomo scolpito, sembra non essere presente nella foto originaria ma, da altre immagini dello stesso periodo, abbiamo appurato che esso c'era senza ombra di dubbio

 

Recenti studi sembrano però smentire il fatto che le sculture rappresentino famiglie corsare. O meglio, forse soltanto una piccola parte potrebbe ritrarre i corsari, figure che sono state fondamentali nella realtà territoriale. I corsari, contrariamente ai pirati, avevano dei committenti e svolgevano un "regolare servizio", divenendo effettivamente e in diversi casi più ricchi dei "datori di lavoro" stessi! Un intero quartiere, a Saint-Malo, ospita le residenze dei Corsari (e una l'abbiamo anche visitata), uomini che proteggevano la città dalle orde nemiche che infestavno i mari bretoni. Dalle navi asportavano il bottino, che incameravano nei sotterranei dei loro palazzi, insieme alla merce. Rappresentare artisticamente personaggi così in vista, sulla falesia poi, non sarebbe stato tanto strano (anche perchè i Corsari non hanno smesso di esistere, nel territorio, anche se in una veste opportunamente modificata), tuttavia la complessità dei soggetti va oltre questo.

Se non sono corsari,  allora chi sono tutti questi personaggi?

 

                             

                                            Uno dei bellissimi ed enigmatici volti scolpiti

 

Dopo l'ingresso, abbagliati e affascinati da tante bellezza, abbiamo iniziato ad esplorare curiosamente la falesia per prendere contatto con l'insolito luogo; l'oceano lì davanti è troppo appetibile per non perdersi in trasognati orizzonti e scendere la scaletta viene naturale. Trovare un "filo logico" che connetta le varie sculture resta poi ancora da capire veramente, a nostro avviso.  Sulla destra, appena si accede al sito, appaiono cinque figure dal volto burlesco. Sulla sinistra, alcuni identificano un personaggio egiziano, un guerriero romano e ancora un patriarca (dei corsari?) ai cui piedi stanno dei mostri marini. Dirigendosi verso destra, si curva, seguendo la conformazione naturale della scogliera e si trova uno spiazzo rifinito con un sedile a semicerchio, contornato da busti scolpiti entro nicchiette.

 

                

Più avanti è rappresentata la cappella di Saint- Budoc, che dovrebbe equivalere al "paradiso", oltre il quale si trova un "grottino", di cui diremo più avanti. Bisogna anche usare cautela nel muoversi perchè la scogliera precipita con un salto vertigjnoso, da questa parte. Ritornando sui propri passi si passa l'abisso dell'inferno, o il salto della morte, prolungato da una scalinata che porta alle scogliere.

Accanto ad ogni figura, pare che l’ abbé Fouré avesse apposto anche il corrispettivo nome o soprannome ma oggi sono, per la maggior parte, scomparsi: Gargantua ed i suoi luogotenenti La Bigne, La Haie, Bennetin, Rochefort, le Grand Chevreuil, La Goule, les Trois-Pierres, L'Ours, le Petit-Pointu...

Vi sono anche molte scene religiose: penitenti, scene della vita di Saint-Budoc, architetture che ricordano delle chiesette o dei chiostrini…C’è anche quella sorta di “grottino” che, entrandovi, lascia all’esterno tutti i rumori: sembra di entrare in una dimensione di livello diverso. E’ un piccolo anfratto lavorato di proposito, ricavato dalla viva roccia, con un sedile. L’invito a sedervisi è implicito, almeno lo è stato per noi. Cosa lo usava a fare l’abbè Fouré? Sono le vecchie cartoline postali vidimate dall’abate a spiegarcelo, facendoci restare perplessi, tanta è la differenza con la situazione attuale! Nell’immagine d'epoca vediamo che l’interno della profonda nicchia era stata allestito una specie di cappella in miniatura: cielo stellato, i fedeli, l’officiante, la scritta “Cruce Salus”, e si notano altri personaggi ai lati. Incredibile rappresentazione, peccato che di essa non rimanga praticamente più nulla! Eppure l’interno del grottino è riparato, come abbiamo potuto sperimentare personalmente: non arriva il vento, i rumori sono attutiti. Chissà come mai è così deturpato? Sono più integre le sculture esposte, in confronto…

 

              

 

Altro gruppo scultoreo il cui raffronto con l’originale è impressionante è la cosiddetta “tomba di Saint-Budoc”, dove si vede il santo sdraiato su una panca (morto), con il saio munito di corda perfettamente scolpita e lavorata, come la scenografia che ha dietro e superiormente, evocante una cappella. In alto è scolpito  l’ "Eremita" con le braccia aperte in segno di protezione per la sua anima e il suo gregge.

 

             

 La cosiddetta "tomba di Saint-Budoc", scolpita dall'abbé Fouré, dettaglio della parte superiore, assai deteriorata

 

A questo punto, ci sorge una curiosità: chi era San Budoc? E perché l’abate Fouré lo teneva in grande considerazione, tanto da dedicargli statue, altari e quant’altro? In Italia non lo abbiamo mai incontrato…Ma non dobbiamo farcene una colpa: pochissimi testi parlano di questo santo bretone, festeggiato il 9 dicembre e patrono di Plourin Ploudalmezeau, Francia e di Plymouth, in Inghilterra.

La vita meravigliosa di Saint-Budoc (anche detto Budeux e Beuzec) è avvolta nella leggenda e nel mistero; sarebbe vissuto intorno al VI secolo d.C. E’ indicato come vescovo ed eremita. La sua nascita avvenne in modo prodigioso: sua madre, la principessa Azenor (figlia del re di Brest, località situata sulla punta più occidentale della Bretagna), era stata accusata ingiustamente di adulterio dal suo sposo, il Re di Goello (Tréguier) e, con in grembo il futuro Budoc, fu gettata nell’oceano in una botte, che incredibilmente arrivò sulle coste dell’Irlanda, dove venne trovata da Santa Brigida, che la sollevò, salvando così Azenor e permettendo così la nascita di Budoc in mare.

Siccome la causa di tutte le maldicenze era stata la matrigna di Azenor, in punto di morte la malvagia decise di ritrattare e così mamma e figlioletto poterono rientrare di nuovo nella Reggia di Brest. Budoc fu cresciuto ed educato nel monastero di Youghal, e più tardi divenne il suo abate. La vita di Breton San Winwaloe descrive Budoc come insegnante che vive sull'isola di Laurea. Divenuto vescovo di Dol, in Bretagna, governò la Chiesa per 26 anni. Un’altra versione indica Budoc come un eremita irlandese che si stabiliì a Budock, nei pressi di Falmouth, in Inghilterra..

Molto significativa un’invocazione tratta dal Troparion di Saint-Budoc: “Tu fosti miracolosamente preservato dalla furia dell'oceano  e, essendo sostenuto dalla mano di Dio, tu hai dedicato te stesso al suo servizio, O Gerarca Budoc. Essendo lavato con entrambi gli onori temporali e spirituali sia in Armagh che in Dol, tu hai facoltà per vincere le anime a Cristo,  quindi imploriamo il tuo aiuto, implorando Cristo, nostro Dio che salverà le nostre anime”.

Cominciamo a comprendere che forse l’abate voleva in qualche modo emulare la propria vita sul modello dell’Eremita Budoc. Aveva, non a caso, fatto scrivere “Casa dell’Eremita”, sulla porta di casa sua. La “scogliera delle siepi” di Rotheneuf gli dev’essere apparsa, quando la vide, come il luogo evocativo e allegorico dello svolgimento dei fatti leggendari della vita del santo vescovo, che Fouré conosceva molto bene, essendo stato prete in quella terra in cui il culto verso Budoc era molto vivo. Implicitamente, dando vita alle sue opere, nate sul mare come Budoc, ne perpetuava l’anima imprigionata nella materia. Suo compito era anche quello di proteggerle (materialmente e spiritualmente), come Dio aveva protetto Budoc nel grembo materno, chiuso nella botte. Un’alchimia quella nascita! E’ più probabile individuare nelle “roches sculptés” un legame con il sacro che con storie di corsari o pirati. Un sacro che Fouré sentiva a modo suo e rappresentava in base ad un progetto intimo, interiore, mescolato ad elementi visionari, allegorici ed ermetici.

 

             

                       Un essere mostruoso tiene tra le sue zampe un essere umano

 

Dalle vecchie immagini, possiamo osservare che si trovavano nel sito anche delle statue femminili, almeno due donne che si dicevano la raffigurazione di mogli che attendevano –guardando fissamente l’oceano- il ritorno dei loro mariti. Erano dipinte di bianco nella parte inferiore ma entrambe sono scomparse, non si sa quando. Purtroppo è questo che crea una grossa difficoltà alla lettura delle sculture: statue che mancano, particolari che si degradano, elementi mangiati dall’erosione. Solo quella? O c’è anche qualcos’altro che minaccia queste sculture uniche al mondo?

 

                                   

Scultura femminile visibilmente deteriorata, nel settore settentrionale della falesia. Se in cento anni il livello di degrado è stato così veloce, cosa ne sarà dell'intera opera, tra non molto?

 

Bellissimi tre personaggi ancora in buone condizioni: uno è chiamato “l’uomo di granito”, un secondo ha un berretto da marinaio, sembra un elfo, un altro ha la barba e sembra un vecchio lupo di mare. Tanto belli quanto enigmatici  al punto che, come al solito in questi casi, hanno fatto sorgere a qualcuno il dubbio che siano stati scolpiti in un tempo successivo all’abate, perché non sarebbero mai ritratti nelle cartoline che egli vidimò (ne esisterebbero circa 400). Inoltre, questi personaggi avrebbero potuto prendere il posto delle statue femminili di cui s’è appena detto, perché con la scusa di voler migliorare il sito, si sarebbe arrivati a fare delle arbitrarie modifiche… Perché l’abbè Fouré non avrebbe mai fotografato quelle statue? Le voleva tenere nascoste perché più belle delle altre?

 

Misteriosi volti...Forse alcuni furono aggiunti dopo la morte dell'abate?

 

Certo queste “rocce scolpite” dovevano incutere una pluralità di sensazioni, in origine: tutte dipinte, colorate, dispiegate sul precipizio della scogliera, con un panorama da togliere il fiato, le opere dell’abate erano senza alcun dubbio spettacolari, dense di meraviglia e di mistero. Forse lui solo le comprendeva veramente e soltanto attraverso lo studio delle immagini autentiche che restano, sarà possibile stabilirne l’ordine, se esiste, un inizio, un percorso, un termine. Quel filo “logico”, forse fasico, che egli vi impresse. Perché scolpire disordinatamente, per divertirsi e passare il tempo, come voleva far credere, sembra davvero riduttivo...

 

            

 

La nostra visita è giunta al termine, ma non la ricerca sull'argomento, che continueremo a seguire, sperando di poter ritornare prossimamente a far visita a queste sculture, che giacciono ma scrutano, immobili e mutevoli, granitiche ma fragili, grottesche e commoventi.



 

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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